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Sostenibilità

The Uncommon è un’azienda britannica specializzata nella produzione di vino in lattina in un’ottica di riguardo verso la sostenibilità ambientale e si sta espandendo nello stato della Nuova Zelanda. Il nuovo marchio si chiamerà The Uncommon Wine of New Zealand”. Si tratta, ancora una volta, di una linea imbrigliata nelle (delle volte) più sostenibili lattine di vino: la Uncommon, infatti, è stata la prima azienda del Regno Unito a ottenere la certificazione B Corp.


Mercato

Sakè classico, Junmai, Honjozo, Junmai Ginjo e Ginjo. Sono tutte tipologie differenti della medesima, e ormai diffusissima, bevanda alcolica giapponese: il sakè. Il prodotto nipponico, derivante dalla lavorazione del riso, incarna un peso sempre maggiore sul mercato alcolico globale: la variante Junmani sembrerebbe la più diffusa, secondo i più recenti report. Da sola, prendendo a campione il mercato statunitense, occupa il 30.5% del volume totale del mercato. A causa, però, dei prezzi elevati, potrebbe esser presto spodestato dalla tipologia Junmai Ginjo.


Tecnica

Genetica: una parola che, come molte altre oggigiorno, a qualcuno muove ancora paura o incertezza, ma che potrebbe racchiudere al suo interno i segreti per difendere le nostre colture da siccità, malattie e inquinamento. Molti esperti sono concordi, soprattutto nel mondo del vino, attorno l’utilità della tecnica genetica: “Bisogna provare a superare gli ostacoli normativi che impediscono l’utilizzo di varietà resistenti e tolleranti alle fitopatie per la produzione dei vini Doc”.


Tecnologia

Gerret e Tatiana Copeland hanno lanciato nel 1981 un’etichetta leader, ampliando il loro possedimento, chiamato Bouchaine e situata nella californiana Napa Valley, a 100 acri. Sono sempre loro che, recentemente, hanno oculatamente scelto d’investire nelle più avanzate tecnologie: hanno, di fatti, installato dei modernissimi sensori chiamati “Cisco Industrial Asset Vision”, in grado di ottimizzare non solo la precisione della gestione acque, ma anche tutte le altre fasi e decisioni della coltivazione.


Marketing

Vino e Metaverso. Alla trentunesima edizione di “Wine Industry Financial Symposium” (16-17 novembre 2022, Napa, California) si è approfondito l’intrigante tema di come si arriverà a consumare il vino nel prossimo futuro (sempre stappando le bottiglie e bevendo dai bicchieri, direte) quando sarà possibile seguire tramite esperienze immersive virtuali tutti i passaggi della vinificazione delle nostre etichette preferite. Il mondo del vino ha già esplorato le galassie del Web3, della blockchain e degli NFT. Forbes ne ha parlato in un articolo del settembre scorso passando in rassegna le più interessanti piattaforme di collegamento tra mercati fisici del vino e decentralizzazione del controllo della qualità delle filiere. Fra questi vi è Evinco Winery, piattaforma DAO co-fondata sempre a Napa Valley, California, da Mario Sculatti, già noto broker di vini rari e per collezionisti. Le tecnologie DAO sono, in estrema sintesi, entità “acefale” di gestione di beni, servizi e persone che funzionano senza una struttura organizzativa verticale e organi di controllo (insomma la blockchain, dai). Se impiegate nei business delle catene del valore della Wine & Spirits Industry, queste tecnologie possono offrire alle realtà vinicole tradizionali, ai produttori, alle comunità e ai consumatori, uno strumento di partecipazione (bottom-up direbbero quelli della Harvard Business Review) che consente di vivere in maniera attiva tutta l’esperienza della produzione di vino, dalla vendemmia all’apposizione del marchio. Un po’ come le catene dei token dei mercati digitali, ma con in più la secolare passione della vita nei filari di viti e il profumo delle cantine.


Design

Europa, America, Emirati Arabi. Il 70% del fatturato della padovana Enofrigo proviene dal mercato internazionale, il tutto grazie a un segreto che ormai l’azienda conosce e sfrutta molto bene: il design del vino non risiede solamente nella bottiglia o nel calice, ma anche nel suo espositore. Un marchio che cesella, ormai dal lontano 1978, soluzioni a basso impatto ambientale e sistemi di refrigerazioni, incentrati principalmente nel settore enologico: delle vere e proprie opere d’arte made in Italy.


Parbleu!

Dammene un altro! Letteratura, caccia, pesca, boxe, donne e bere: dedizioni di cui sono pregni i suoi capolavori. L’alcool è un fedele e caparbio compagno di viaggio, che si stia attraversando la Corrente del Golfo, che ci si trovi sulle verdi colline del Continente Africano, che si percorrano i fitti boschi del Michigan o si peschino Marlin a Key West, Florida. Ernest Miller Hemingway era un uomo di cocciute passioni, tra queste i banconi dei bar che non ha mai tradito (quelli no), che vi fossero sapientemente miscelati Martini, Daiquiri, Mojito, Margarita, Mimosa, Sidecar o Scotch & Soda. Il Premio Nobel per la Letteratura (1954) di Oak Park è stato di fatto un antesignano degli ormai inflazionati signature cocktail (con il suo nome ne sono piene le drink list) che amava sorbire mentre scriveva “The Old Man and the Sea” (e non solo). Su uno di quei robusti sgabelli in legno scuro pare abbiano sentito Papa asserire: “Non preoccupatevi di chiese, edifici governativi o piazze, se volete conoscere una cultura, passate una notte nei suoi bar.” Ok, se è venuta quella sete lì anche a voi, correte a leggervi To Have and Have Another. A Cocktail Hemingway Companion” di Philip Greene, storico della mixologia. ❝Per me un Papa Doble. Cheers!❞.


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